Omelia di Mons. Pizzi durante il funerale di mons. Verucchi

Abbiamo tutti ascoltato con attenzione la Parola del Signore, che è stata proclamata. Il profeta Ezechiele vive e svolge la sua missione di profeta in mezzo a un popolo di deportati, lontani dalla loro terra, sfiduciati e ribelli alla legge del Signore. Il Signore lo esorta a non aver paura e gli comanda di annunciare la sua volontà, “ascoltino o non ascoltino”. Il compito, che lo attende, è molto grave: è posto come sentinella del popolo di Israele: la sentinella deve custodire la città, vedere tempestivamente il pericolo e avvertirne la città, deve richiamare il malvagio dalla sua cattiva condotta: ne dipende la salvezza del popolo e del profeta stesso.

San Paolo, nella seconda lettura, che abbiamo ascoltato, raccomanda solennemente al discepolo e collaboratore Timoteo di annunciare la Parola, ed insistere al momento opportuno e non opportuno, di ammonire, rimproverare ed esortare “con ogni magnanimità e insegnamento, perché verranno giorni in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro a favole”. Il discepolo Timoteo deve vigilare attentamente, sopportare le sofferenze, compiere la sua opera di annunciatore del Vangelo e così adempiere il suo ministero.

Alla fine del Vangelo secondo Matteo, abbiamo ascoltato la missione universale che Gesù ha affidato agli apostoli prima di salire al Cielo, dicendo: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.

Penso che tutti, mentre ascoltavamo, non abbiamo faticato a richiamare la figura di Don Giuseppe, alle luce della Parola di Dio. Molto lungo e vario è stato il suo ministero: presbitero, cappellano, Parroco, Vicario Generale della diocesi di Modena-Nonantola e infine Arcivescovo di Ravenna-Cervia: con le sue doti e  le sue caratteristiche…   Sarebbero molte le cose che si potrebbero e si dovrebbero dire: probabilmente tutti voi, qui presenti, potreste raccontare esperienze ed episodi vissuti con lui, ma avremmo bisogno di maggior tempo.

Ho conosciuto Don Giuseppe nell’autunno del lontano 1958, quando, entrando in Seminario a Modena, in prima liceo, lo ebbi come Prefetto. Da allora i nostri rapporti sono stati molto cordiali, fraterni e proficui, come confratelli nel sacerdozio e nella cura pastorale, variamente collocati, e infine come confratelli Vescovi in Romagna. Era molto attivo, con tante idee e iniziative, dicevamo, come un vulcano. Vorrei soltanto sottolineare, alla luce della Parola che abbiamo ascoltato, alcuni suoi tratti: è stato un ascoltatore, cultore e annunciatore della Parola di Dio, maestro, pastore e guida. Oltre la preparazione filosofica e teologica avuta nel periodo del Seminario, ha coltivato assiduamente lo studio e l’approfondimento della Sacra Scrittura, nutrimento spirituale personale e fonte per la sua instancabile predicazione: omelie, corsi di esercizi spirituali, campeggi, conferenze, incontri vari di formazione, fin che la salute glielo ha permesso. Ha ben compreso la grave responsabilità e bellezza, al tempo stesso, del suo ministero. Quante persone si sono rivolte a lui per il Sacramento della Riconciliazione, per un consiglio spirituale, per una guida e un accompagnamento paterno nella vita spirituale. In tutte le comunità, in cui ha svolto il suo ministero, ha lasciato un’impronta indimenticabile di maestro, pastore e guida.

Don Giuseppe stesso ci aiuta a comprendere il suo ministero: nel suo testamento spirituale ha scritto: Desidero sottolineare alcuni valori, che, per me, sono stati determinanti in tutta la vita: * vivere una vita di intima unione con Cristo. Mettermi nelle sue mani. A sua totale disposizione. Non sempre ci sono riuscito. Ma la strada era bellissima. Una devozione a Maria tenera e forte. Lasciarmi guidare da Lei a dire: “Eccomi” al Signore. Ho sempre considerato l’amore e la Comunione fraterna come il centro della vita cristiana. Ho cercato di accogliere questi doni come grazie, dal Signore, mi sono sforzato di viverli…con tante difficoltà …molti mi hanno voluto bene! Dio sa quanti! … La “carità pastorale” nel cuore sacerdotale e poi episcopale! È questo dono che il Signore ci mette dentro, che non permette di stare seduti ad aspettare, ci sprona a studiare, a riflettere e a pregare per le persone, le comunità religiose, i sacerdoti, tutta la Chiesa; ci stimola ad andare, ad annunciare la Parola in ogni modo e ovunque sia possibile. Ci sostiene nel realizzare le iniziative pastorali; ci dona fantasia per pensare attività pastorali nuove e adatte ai tempi.

Ora noi vogliamo insieme ringraziare il Signore che lo ha dato alla nostra Chiesa modenese come a quella di Ravenna-Cervia, per una vita piena di bene, e ringraziamo Don Giuseppe per la sua testimonianza di fede e di generosità nel suo servizio, di cui tutti siamo stati beneficiari.

Don Giuseppe: possa tu ascoltare, a te rivolta, la Parola del Signore Gesù: ”Vieni, servo buono e fedele; entra nella gioia del tuo Signore”.