Stava presso la croce di Gesù Maria, insieme alle altre donne.
Stava è il verbo che usa il Vangelo di Giovanni, significa: stare in piedi, cioè che non era prostrata dal dolore.
Stava in piedi mentre i discepoli erano quasi tutti fuggiti.
Maria stava in piedi.
Certamente Maria sapeva che quello non era l’ultimo atto della vita di suo Figlio.
Non poteva immaginare come il Padre l’avrebbe salvato dalla morte, ma sapeva che ci sarebbe stato un riscatto.
Infatti poche settimane dopo la troviamo nel cenacolo con gli apostoli, quando ricevono il dono dello Spirito Santo.
Ma questa fiducia in Dio non eliminava il dolore.
Maria in quel momento ha vissuto il dolore terribile di una Madre che vede morire un figlio.
Un dolore che non si cancella più, specialmente in una circostanza come quella che era segnata dalla croce, la pena riservata ai malfattori, ai briganti, pure una morte non certamente onorevole, una morte vergognosa.
Che cosa sarà passato nella mente di Maria in quel momento in cui stava in piedi presso la croce?
Forse le gioie ed i dolori della sua vita in quel momento cercavano una sintesi.
La gioia di avere ricevuto trent’anni prima l’annuncio più incredibile che una donna possa sentirsi fare: sarai la madre del Salvatore; sarà chiamato Figlio dell’Altissimo.
Ma anche il dolore in quel momento di dovere riscrivere tutta la propria vita, di vedersi capovolti i progetti, di dover ripensare la sua esistenza all’annuncio di quella vocazione unica.
Un dolore anche lì di essere incompresi dalla gente per quella stranissima chiamata.
E poi sarà passato nella mente di Maria in quelle ore sotto la croce il momento gioioso e doloroso insieme della nascita di Gesù. Quando il Figlio dell’Altissimo non trova posto nelle locande umane ma dovete venire alla luce su una mangiatoia perchè non c’era posto per loro.
Il Figlio dell’altissimo che nasce in una stalla: per Maria gioia e dolore assieme
La gioia di una nascita, il dolore di una incomprensione, di un rifiuto.
E poi la gioia quando Gesù viene presentato al tempio: di vedere gli anziani Simeone ed Ana pieni di letizia ad acclamare la venuta del Messia ed il dolore nella stessa circostanza nel sentirsi dire: Anche a te una spada trafiggerà l’anima.
L’oscura profezia, che forse proprio in quel momento, mentre stava sotto la croce, maria ha potuto capire.
E poi la gioia di ricevere la visita e l’adorazione dei Magi, sapienti venuti dall’oriente.
Il dolore di vedersi perseguitati da Erode fino a dover fuggire in Egitto con Gesù ancora piccolo, dovendo condividere dunque la triste e spesso drammatica situazione dei profughi.
E poi la gioia di ritrovare Gesù dopo tre giorni nel tempio quando angosciati lei e suo padre lo cercavano, e il dolore di sentirsi dire da questo ragazzo: perchè mi cercavate? Non sapete che devo occuparmi delle cose del Padre mio?
E l’evangelista nota: essi non compresero.
È difficile entrare i una vocazione così diversa come quella di Gesù.
Maria avrà coltivato nella fatica questo distacco che il Figlio mostrava.
Poi la gioia di vederlo crescere ma il dolore di doverlo salutare, trentenne, non sposato, senza un lavoro fisso, per girare per le strade e annunciare il regno di Dio.
La gioia di essere con lui alle nozze di Cana ed il dolore della sua frase: Che c’è tra me e te Donna?
La gioia di vederlo spesso durante la predicazione ed il dolore di sentire che sembrava prender Ele distanze: C’è tua Madre, ci sono i tuoi fratelli! Chi è mia Madre? Chi sono i miei fratelli? Chiunque fa la volontà del Padre mio!
Finalmente sotto la croce, certamente il dolore prevale ma c’è anche la gioia di una sorpresa che non poteva attendersi Maria, perchè quella croce, luogo terribile di morte, diventa una culla di vita.
Gesù affida Maria a Giovanni e Giovanni a Maria: Ecco tuo Figlio! Ecco la tua Madre!
La culla di una nuova famiglia.
Solo il Signore può trasformare la croce da luogo di morte, che odora di sepolcro, in culla, luogo di vita, da cui parte una nuova famiglia che è la Chiesa.
Queste sono le due fiamme che, mi piace pensare così questa sera, che tentavano inutilmente di bruciare l’immagine, cioè di travolgere la vita di Maria.
La fiamma della passione può essere sia la fiamma della passione dolorosa, noi parliamo infatti della passione di Gesù, della passione di Maria, della passione che a volte ci colpisce quando viviamo un dolore.
Ma anche la fiamma della passione che è la gioia, l’amore, l’allegria.
Tutte e due le fiamme rischiano di travolgerci.
Rischia di travolgerci a volte la fiamma della gioia quando scade nella superficialità.
Rischia di travolgerci la fiamma del dolore quando scade nella disperazione.
Maria ci fa vedere che nella fede è possibile lasciarsi travolgere ma non lasciarsi distruggere, perchè nella fede non c’è spazio né per la superficialità ne per la disperazione.
Nella fede le gioie si assaporano ancora di più perchè diventano un anticipo del paradiso, occasione per glorificare il Signore e per ringraziarlo, per stringere relazioni ancora più belle con le persone.
Nella fede il dolore può diventare occasione di purificazione, di maturazione per capire che la vita non è nelle nostre mani, ma va affidata.
Chiediamo a Maria, che è stata avvolta ma non travolta dalle fiamme che ci aiuti a vivere nelle gioie e nei dolori con la fede, cioè mettendoci nelle braccia del Signore; perchè solo lui sa dare un senso alle nostre passioni.
