Il II Miracolo del Fuoco: Festa del Ginepro e 40ore

Cosi racconta il Bucciardi nella Cronaca:

Dal Bucciardi, “Fiorano nelle vicende storiche del Castello e del Santuario, dalle origini al 1859” Capitolo IX, Paragrafo 5 – L’incendio del Santuario nel 1670.

“Una pessima usanza aveva preso piede nella ricorrenza delle annuali funzioni del Santuario: 15 Agosto, 8 Settembre; e nella solennità delle Quarant’ore…”.

“Per queste ricorrenze si tagliavano nelle vicine colline piante di ginepro in grande quantità, e se ne formavano enormi festoni, per ricoprire tutte le pareti interne del Santuario, non che gli Altari, la Cupola 8provvisoriamente costruita di stuoie e gesso) e l’interno del corpo della chiesa. Alle piante di ginepro si univano anche piante o rami di pino. Il ricoprire di un addobbo sempreverde ogni parte dell’interno del Tempio, se era un segno di letizia, era però anche un grande pericolo.”

“Per la ricorrenza della Solennità delle Quarant’Ore da celebrarsi nella metà di quaresima del 1670 il Santuario era stato letteralmente riempito di rami di ginepro e pino, riuniti in grossi festoni appesi ovunque, e collegati con edera.

Il mattino del sabato 15 Marzo 1670, alle ore quattordici circa, mentre il Santuario era già gremito di fedeli, il sacerdote fioranese don Virginio Casolari stava preparandosi per celebrare la Messa all’Altare del Crocifisso; ed aveva dato ordine al chierico Nicolò figlio di Paolo Ruini di Fiorano di accendere le candele al detto altare.

Il chierico si apprestò ad eseguire l’operazione; ma, per disattenzione, comunicò il fuoco ai festoni di ginepro che pendevano intorno all’altare.

In un attimo il fuoco si diffuse a tutto il ginepro dell’Altare del Crocifisso, e poi a tutti i rami di ginepro pendenti in tutta la chiesa; e in breve tutto il Santuario fu un’immensa fornace, da cui riuscirono a stento a salvarsi le persone colla pronta fuga.

Non era possibile in alcun modo spegnere lo spaventoso incendio, che si comunicò a tutta la chiesa, investendo la cupola e il tetto che la copriva. Dai finestrini uscivano paurose lingue di fuoco, perché il legno resinoso del ginepro e del pino, quantunque verde, bruciava con insolita facilità.

Quando le travi del tetto della cupola furono abbruciate, tutta la sovrastruttura del tetto cadde all’interno con gran fragore. Allora, attraverso in varco apertosi, si innalzò verso il cielo una spaventosa colonna di fuoco e di fumo, che si scorgeva da molte miglia di circuito intorno.

Urla, pianti, strida, campane a martello, un accorrere di gente da ogni dove. In breve la folla crebbe a dismisura e verso il mezzogiorno, quando il fuoco era nella sua massima intensità, parecchie migliaia di persone contemplavano esterrefatte l’immane catastrofe, trepidanti per la sorte della Sacra Immagine.

Non tutti però rimasero inoperosi. I più volenterosi riuscirono a localizzare il fuoco, e ad impedire che si comunicasse al restante tetto della chiesa ed alla nuova canonica.”

“Quando l’incendio, per mancanza di combustibile, si fu calmato, e fu possibile penetrare nel Tempio ripieno di rottami fumanti, si constatò, con somma letizia dei presenti, un nuovo prodigio dell’Immagine Miracolosa, che non era stat menomante offesa nè dal fuoco nè dal fumo.

Anche l’intera Cappella della Madonna poco o nulla aveva sofferto dall’incendio. Gli ornamenti dell’Altare, i marmi, gli stucchi, tutto era intanto, se ne togli una lieve affumicatura. Il ginepro era tutto bruciato come altrove, ma senza nulla rovinare.”

“Il resto della chiesa aveva subito una disastrosa rovina. Bruciati gli altari cogli arredi e i quadri (compreso quello di S. Nicolò), bruciato il Crocifisso, bruciato l’organo; nulla era rimasto intatto.

La folla, constatato il novello prodigio, si buttò in ginocchio, inneggiando a Maria.”